Di Mario Pileggi, geologo e componente del Consiglio nazionale degli Amici della Terra
A fine settembre, per decisione della Regione, si è chiusa in Calabria, come in altre regioni del Sud, la stagione balneare aperta ufficialmente il primo maggio. A differenza di altre regioni con clima meno favorevole dove è ancora aperta e nelle quali si è deciso anche di aprirla almeno un mese prima che in Calabria.
Durata soltanto 5 mesi, la stagione balneare 2019 si è aperta con lieve peggioramento della qualità delle acque marine rispetto all’anno precedente e si è caratterizzata per il perdurare delle solite carenze informative. Un peggioramento evidenziato, tra l’altro, da varie immagini di mare sporco o colorato di verde e giallo riguardanti alcune spiagge frequentate dai bagnanti sia dello Jonio che del Tirreno e pubblicate sia sui social che sulle pagine online di questo giornale durante l’estate.
Il peggioramento, rispetto alla precedente stagione, è emerso dai risultati delle analisi e classificazioni delle acque marine effettuate dall’Arpacal per l’apertura della stagione balneare 2019. In pratica si è rilevato sia l’aumento del numero di campioni analizzati con esito non conforme dal punto di vista igienico sanitario sia la riduzione di più di quattro chilometri delle spiagge classificate con acqua di qualità eccellente.
In particolare, dai risultati dei 3.844 campioni analizzati in corrispondenza delle 629 aree adibite alla balneazione nella Regione è emerso che il numero dei campioni con esiti non conformi da 82 della precedente stagione è salito a 110, pari al 2,86% rispetto al 2,13% della stagione balneare precedente; e la lunghezza complessiva delle aree adibite alla balneazione classificate di qualità eccellente dai 619.920 metri della stagione balneare precedente si è ridotta a 614.683 metri nell’attuale.
Sempre a livello regionale la lunghezza complessiva delle aree con acque classificate buone è di 26.888, quella delle aree classificate sufficienti è 15.972 metri e la lunghezza di tutte le aree classificate di qualità scarsa con valori di Escherichia coli ed Enterococchi intestinali fuori norma e con rischio per la salute dei bagnanti è di 14.216 metri.
Va evidenziato che come nel passato non sono stati esposti e in ben evidenza tutti i dati aggiornati su qualità delle acque e sui profili delle 629 aree adibite alla balneazione monitorate per la tutela della salute dei bagnanti; e nemmeno dove inizia e termina ogni area con divieto permanente di balneazione per inquinamento, aree che nel complesso interessano circa 40 chilometri di costa. In pratica si è continuato con le “carenze informative” già evidenziate nella “Relazione sull’inquinamento delle coste e gestione degli impianti di depurazione” del 2002 della Corte dei Conti. E c’è di più: alle carenze informative locali si aggiungono quelle nazionali del Ministero della Salute che non ha pubblicato i Rapporti sulla qualità delle acque di balneazione con le verifiche e conformità alla Direttiva europea 2006/7/CEE e le misure di gestione in atto; la scelta fino a tutto luglio scorso del Ministero di non pubblicare i Rapporti nazionali fa insorgere il sospetto di una rinuncia al ruolo di coordinamento nazionale sulle acque di balneazione nell’interesse dell’intero Bel Paese per favorire il prevalere degli interessi localistici e spinte autonomistiche che accrescono il divario tra Nord e Sud.
I dati regionali, se considerati nel contesto più generale delle aree di balneazione dell’intero Bel Paese, evidenziano che la percentuale delle aree classificate di qualità eccellente, pur in diminuzione rispetto all’anno scorso, si mantiene superiore alla media nazionale pari al 90%.
Se questo confronto, tra le percentuali delle aree con acque classificate di qualità eccellente, invece di essere fatto con i dati complessivi regionali, viene fatto con i dati delle singole Province emergono differenze notevoli; in particolare, mentre nella provincia Catanzaro si rileva un aumento e si raggiunge il 98,38% in quella di Cosenza si riduce all’88,16% inferiore alla media nazionale. Anche se di poco inferiore alla media nazionale è anche la percentuale dell’89,11% delle aree con acque classificate di qualità eccellente della Provincia di Reggio Calabria. D’altra parte le nove aree adibite alla balneazione ma classificate di qualità scarsa e con divieto di balneazione sono localizzate nelle tre Province di Cosenza, Reggio Calabria e Vibo Valentia.
Ma il dato più rilevante e ancora poco considerato sono i 657.543 metri di lunghezza complessiva delle aree balneabili sul Tirreno e sullo Jonio calabrese: una lunghezza che supera quella dell’insieme di sette Regioni come Veneto, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Abruzzo, Marche, Molise e Basilicata.
La rilevanza di questo dato nel contesto più generale delle aree di balneazione dell’intero Bel Paese è rafforzata dalla quantità di spiagge naturali bagnate da acque classificate di qualità eccellente che supera i 614 chilometri e supera la percentuale della media nazionale.
Se alla quantità di spiagge naturali, ritenute dai pediatri più adatte per bambini, con acque trasparenti e di qualità eccellente si aggiungono le specificità geo-ambientali con la più rilevante varietà di habitat e biodiversità, i tanti giacimenti archeologici delle più antiche civiltà dell’intero Occidente e il microclima più favorevole per la balneazione si comprende la preziosità del patrimonio costiero della Regione. Un patrimonio poco tutelato e non valorizzato e che continua a restare fuori dall’interesse e dalle agende delle classi dirigenti e degli Enti preposti al controllo e gestione dello stesso patrimonio.
In proposito è da evidenziare l’ingiustificata edannosa decisione di alcune regioni meridionali come la Calabria di limitare a soli 5 mesi, da Maggio a Settembre, la durata della stagione balneare a differenza di altre regioni meno favorite anche dal punto di vista climatico. In Emilia Romagna e Sardegna, ad esempio, la stagione balneare inizia il primo gennaio e finisce il 31 dicembre e comprende sia una stagione balneare invernale che estiva. In particolare in Emilia Romagna la stagione balneare estiva inizia il sabato precedente la celebrazione della Pasqua e termina l’ultima domenica di ottobre mentrein Sardegna si apre il primo aprile e si chiude il 31 ottobre.
Per una valorizzazione del prezioso patrimonio costiero della Calabria e del Sud del Bel Paese, i dati e gli aspetti sopra accennati non possono continuare ad essere ignorati né dentro né fuori la Regione. Come non sono da trascurare le opportunità che si possono aprire col nuovo Governo con più ministri del Sud e le prossime elezioni regionali. Opportunità da non perdere per promuovere i necessari interventi per la tutela delle fasce costiere, delle risorse naturali presenti nonché dell’insieme del patrimonio archeologico che in esse trovano dimora e, quindi, per uno sviluppo del turismo in grado di coniugare l’elevata naturalità e gli alti valori storico-artistici ed enogastronomici disponibili.